«... Gennaro Rossi ha attraversato il suo secolo, il Novecento, ed è arrivato con noi nel nuovo millennio accompagnandoci con un sorriso beffardo, un amore per la sottile ironia, una passione per il doppio. Anche questo libro è pieno di doppi sensi esistenziali, politici, amorosi e linguistici nell’eleganza che gli è propria.

Gennaro Rossi è stato professore, intellettuale, politico e amministratore. Ha calcato la scena in anni difficili e complessi, in epoche dure e rabbiose, in ambienti scarsi di sorrisi, ma ha resistito, forse più di tanti altri che abbiamo lasciato per strada. Ora, nel rendiconto che l’anagrafe gli impone, Gennaro Rossi estrapola le sensazioni più forti del suo cammino: l’avito patrimonio del ricordo infantile e materno, il distacco dalle radici, la cognizione della nuova platea esistenziale (plasma rosso di gioie e d’amore, dei dolori e dell’odio; e dei più forti affetti)...»

(Marco Ferrari, Presidente Istituzioni Culturali La Spezia)

«... Come non commuoversi, per noi nati e da sempre vissuti in questa città, leggendo: “La Spezia mon amour” o, ancor più, “La mia città” così ricca di poetico abbandono e di gioia (Grazie città della mia vita… Sono tuo figlio, o mia città, il figlio che t’ama e ti ringrazia. Anche tu m’ami, lo so), versi veramente nati dal cuore, che rivelano un sincero attaccamento, forse mai prima di qui dichiarato in modo tanto esplicito, da parte d’un uomo che conosciamo tanto riservato e geloso dei propri affetti.  

Forse soltanto qui, nell’opera scritta per se stesso come esplicitamente egli afferma in uno dei suoi “pensieri”, affetti e idee si rivelano, frutto della sua personale elaborazione ideologica e culturale, senza che mai tradiscano il concetto che abbiamo di lui, di uomo sensibile e molto umano nei rapporti con gli altri. Per lui il senso di fraternità umana è veramente universale ed implica un totale coinvolgimento personale, supera ogni distinzione di razza ed ogni lontananza tra gli uomini, fino ad abbracciare in un unico sguardo la storia di secoli e millenni e la dimensione del mondo intero...»

(on. Aldo Giacché)