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«La situazione del paese (è amena per la prospettiva, sana per l’atmosfera, temperata e tiepida anzi che no per il clima e le acque potabili. Vi è abbondanza di frutti squisiti, e precipuamente di viti che danno un ottimo liquore, di olivi, di castagne, di fichi ecc., talché ivi si trova, quanto può desiderare l’umana vita dal lato dell’aria, dell’acqua e del suolo. Il popolo di carattere vivace è per la maggior parte agricolo, le donne industriose e dedicate in buon numero al piccolo commercio o ai lavori di pizzi e di dozzinali trine».
Questo il ritratto ameno che il Repetti ci dà di Arcola nel suo famoso Dizionario storico geografico, invero lo storico apuano non fu il primo ad essere favorevolmente attratto dalle condizioni climatiche e dalla bellezza del paesaggio arcolano, il Targioni Tozzetti, acuto indagatore degli usi, costumi e bellezze artistiche e naturali della Toscana e zone limitrofe, fu attirato in particolare dalle salubri acque che sgorgavano limpide tra colline e boschi nel territorio del Comune di Arcola. Tuttavia il Repetti non si è fermato a questa descrizione esteriore, ma ci ha dato un succinto quadro della storia della comunità a partire dal documento del 1033, quando il marchese Alberto del ramo Obertengo donò al monastero di Santa Maria di Castiglione nel piacentino beni nel territorio arcolano. Lo studioso carrarese attingendo dall’Antichità Estensi del Muratori e da altre fonti ricostruisce i dati più significativi della storia arcolana dal diploma di Arrigo IV del 1077, con cui conferma al marchese Folco d’Este il feudo di Arcola tra gli altri possessi oltre Appennino, al passaggio ai Malaspina nel 1245, fino alla vendita del castello al Comune genovese nel 1278, cui fu costantemente legato, seguendone le alterne vicende.
Con il progredire dell’organizzazione politica il Comune ha sentito il bisogno di dare un carattere di organicità e di regolarità alla formazione ed alla conservazione dei propri archivi, ordinando in serie i suoi principali atti da quelli deliberativi, ai registri contabili, dagli estimi, ai catasti fondiari, ai carteggi. Pertanto questa massa di documenti ci offre la testimonianza della vita giuridica, amministrativa ed economica dei nostri Comuni e ci offre insieme la documentazione relativa ai fatti ed alle persone, che con l’Ente hanno avuto rapporti. Seguendo questi indirizzi metodologici, abbiamo premesso all’inventario dell’archivio storico comunale alcuni lineamenti di storia politico istituzionale arcolana, inquadrati nell’ambito della Repubblica di Genova, di cui Arcola fece parte, seguendone le alterne vicende fin dal 1278. Il materiale documentario arcolano ci ha permesso di individuare non solo l’organizzazione giuridico amministrativa della comunità ma anche l’organizzazione della sanità, dell’assistenza, dell’istruzione. Le stesse istituzioni ecclesiastiche erano collegate strettamente alla dinamica della comunità; organi comunitativi come i massari, amministravano i beni ecclesiastici ed avevano cura delle chiese loro affidate; la comunità si mostra in più occasioni gelosa di queste sue prerogative nei confronti della stessa autorità ecclesiastica, pertanto anche le istituzioni religiose sono state oggetto di trattazione in relazione al loro rapporto con la comunità, sono stati ovviamente tralasciati altri aspetti, quali quello devozionale e della pietà popolare già ampiamente trattati.
Nel delineare l’assetto istituzionale della comunità abbiamo fatto riferimento allo statuto locale, che regola le attribuzioni delle varie magistrature e riporta la normativa consuetudinaria; un testo giuridico quale lo statuto ci presenta piuttosto un quadro di riferimento che la realtà effettuale dei fatti, pertanto si è cercato di «inverarlo» con i registri della comunità. A volte ordinamenti, leggi e decreti della Repubblica di Genova hanno modificato il locale assetto istituzionale; di ciò si è tenuto debito conto.
Le peculiarità più significative della vita amministrativa arcolana, a nostro avviso, sono riscontrabili nel periodo della dominazione genovese, è stato sottolineato più volte dalla storiografia ligure, che per Genova non si può parlare di organizzazione statale in senso moderno; come felicemente sostenne il Musso «Vano è cercare in quella Genova ciò che comunemente si intende per la storia di uno stato, con la sua classe dirigente, le sue strutture, i suoi fondamenti. Forviante è costringere questa nostra materia a un parallelo con la storia veneziana e fiorentina ... ..perché la dinamica della storia genovese è quella delle iniziative ardite e abili, e delle contese terrificanti dei suoi grandi gruppi di casati, fatti di proprietari di terre e di castelli di imprenditori economici e di operatori finanziari». Anche con la riforma doriana il quadro non muta; sostanzialmente la Repubblica genovese è limitata alla città, le terre del dominio continuano a godere ampia autonomia, gli statuti locali come quello arcolano, redatto nel secolo XV, continuano ad essere in vigore sino alla fine della Repubblica senza sostanziali modifiche.
Ci è parso, quindi, doveroso sottolineare questa fase di relativa autonomia politico istituzionale, così come Emilia Petacco ha individuato le peculiarità locali dell’organizzazione sanitaria e sociale...» (Franco Bonatti)
Con fotografie d'oggi e documenti d'archivio.
Anno
2001
Pagine
224
Formato
17 x 24 cm
ISBN
9788886999489
Lingua
Italiano