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Il 2 giugno 1946 segnò l’avvio del processo di costruzione del nuovo Stato democratico, e fu anche per le donne un evento decisivo nel cammino lungo e difficile di emancipazione dalla condizione di inferiorità sociale e giuridica in cui erano relegate.
È una storia che parte da lontano: passando per il dibattito parlamentare dell’ ‘800, la Lega promotrice degli interessi femminili e il comitato pro-suffragio. Una storia che attraversa il fascismo e la guerra, per arrivare all’Assemblea Costituente, alla grande affluenza alle urne, alla cacciata del re, ai tentativi di golpe monarchici, all’inizio finalmente di una nuova vita.
A sessant’anni dalla nascita della Costituzione, le donne spezzine testimoni dell’epoca ricordano le condizioni di vita di allora, le lotte per l’accesso al lavoro e per la difesa di quel diritto, le difficoltà quotidiane della vita sotto le bombe, la scelta della Resistenza, la rabbia verso la monarchia.
Lasciandoci un messaggio di fiducia e speranza che cominciò con quel primo voto...
«... La decisione sul suffragio femminile, che rendeva finalmente universale il diritto di voto, rappresentò un’autentica svolta. Eppure, quando dopo ben ottanta anni di infruttuose iniziative politiche e parlamentari il Consiglio dei Ministri, il 30 gennaio 1945, determinò quell’evento storico, ciò avvenne in fretta, quasi senza discussione.
Anche i commenti furono superficiali e quasi beffardi («Mentre si muore di fame, ci si preoccupa del voto alle donne», scrisse il Resto del Carlino).
La decisione risultava scontata? In un certo senso sì. In primo luogo grazie al peso femminile nella Resistenza: come testimoniano le protagoniste, nell’Italia ancora occupata la notizia risuonò come una decisione ovvia. E, certamente, la scelta decisa dei grandi partiti popolari (DC, PC, PSI) valse a troncare la suggestione di un rinvio. Pensiamo quale amputazione sarebbe derivata dall’opzione di rimettere la scelta alla futura assemblea costituente, come qualcuno aveva proposto: le donne sarebbero state tagliate fuori dalla scelta fra repubblica e monarchia: e non sarebbero state elette a Montecitorio le ventuno costituenti al cui impegno unitario e tenace dobbiamo le norme costituzionali sui diritti delle donne. Norme scrupolose e avanzate, che hanno costituito la base per tutte le future conquiste legislative...»
(dall'introduzione di Giglia Tedesco Tatò)
«... La decisione sul suffragio femminile, che rendeva finalmente universale il diritto di voto, rappresentò un’autentica svolta. Eppure, quando dopo ben ottanta anni di infruttuose iniziative politiche e parlamentari il Consiglio dei Ministri, il 30 gennaio 1945, determinò quell’evento storico, ciò avvenne in fretta, quasi senza discussione.
Anche i commenti furono superficiali e quasi beffardi («Mentre si muore di fame, ci si preoccupa del voto alle donne», scrisse il Resto del Carlino).
La decisione risultava scontata? In un certo senso sì. In primo luogo grazie al peso femminile nella Resistenza: come testimoniano le protagoniste, nell’Italia ancora occupata la notizia risuonò come una decisione ovvia. E, certamente, la scelta decisa dei grandi partiti popolari (DC, PC, PSI) valse a troncare la suggestione di un rinvio. Pensiamo quale amputazione sarebbe derivata dall’opzione di rimettere la scelta alla futura assemblea costituente, come qualcuno aveva proposto: le donne sarebbero state tagliate fuori dalla scelta fra repubblica e monarchia: e non sarebbero state elette a Montecitorio le ventuno costituenti al cui impegno unitario e tenace dobbiamo le norme costituzionali sui diritti delle donne. Norme scrupolose e avanzate, che hanno costituito la base per tutte le future conquiste legislative...»
Giglia Tedesco Tatò
Con fotografie e documenti d'epoca,
Anno
2008
Pagine
176
Formato
17 x 24 cm
ISBN
9788886999939
Collana
Novecento
Lingua
Italiano